Malesco, terra di streghe


Straordinariamente belle o straordinariamente brutte, coi capelli rossi o con altri segni infernali, le streghe dei racconti della montagna facevano cagliare il latte, ruzzolare il bestiame nei burroni, scomparire i neonati dalle culle. Ma sapevano anche curare i mali del corpo e dell’anima e trasformarsi in vipere per sfuggire ai pericoli.
Le raccoglitrici di erbe medicinali, depositarie di un sapere che si perdeva nella notte dei tempi e scrupolosamente tramandato per via esclusivamente orale, erano le prime indiziate di stregoneria. I frati inquisitori, arrivati dalla città, si scagliavano contro ogni residuo di paganesimo, grossolanamente identificato con il legame con la natura. San Martino, vescovo di Tour, aveva fatto abbattere migliaia di alberi sacri nei villaggi di Francia, per sradicare, letteralmente, ogni traccia degli antichi culti arborei e, ancora nel XVI e XVII secolo, la familiarità con erbe e piante era indice di paganesimo. Nelle valli ossolane, la vicinanza con la Svizzera, in cui era penetrata la Riforma protestante, rendeva le terre di confine particolarmente esposte alle eresie. Nel clima opprimente della Controriforma, il termine “ginevrino”, inteso come calvinista, non era solo un insulto, ma una pericolosa accusa di eresia e, quindi, di stregoneria. Nelle poverissime economie montane, poi, il diritto a sfruttare pascoli e alpeggi poteva determinare la sopravvivenza o meno di un’intera comunità. Caso estremo fu la lite secolare tra Malesco in Val Vigezzo e Cossogno in Val Grande, che sfociò, secondo i racconti popolari, in una vera e propria strage. L’accusa di stregoneria finiva perciò per intrecciarsi a faide tra famiglie o tra villaggi, diventando un feroce strumento di vendetta. L’ambizione, il fanatismo e la sete di denaro di prelati e inquisitori facevano il resto. Infatti, i frati inquisitori incameravano ingenti somme e ricchezze per i loro conventi mediante la confisca dei beni dei condannati al rogo, tanto che il vescovo novarese Bascapé (1593-1615) definì le montagne dell’Ossola emblematicamente come “le Indie di questi padri domenicani”. In questo contesto, la Val Vigezzo acquistò la fama di terra di streghe. Più precisamente, Malesco era la sede del Tribunale dell’Inquisizione che decretava torture, processi e roghi, terrorizzando le valli dell’Ossola e mietendo vittime soprattutto tra le donne sole, vedove o nubili. La caccia alle streghe in queste zone cominciò almeno a metà del Quattrocento e nel primo Cinquecento gli inquisiti si contavano già a diverse decine, come a decine si contavano le condanne al rogo purificatore. Il culmine si ebbe, ovviamente, con l’affermarsi della Controriforma a partire dalla fine del XVI secolo. Caso esemplare fu quello della vicina Valle Antigorio, nella quale, tra il 1575 e il 1620, furono denunciate e processate decine di donne di Baceno, Croveo e Crodo; due finirono sul rogo, una fu condannata al carcere perpetuo e una decina morirono durante i processi, in seguito alle torture. Lo zelo controriformista non disdegnò di mietere anche vittime maschili: furono processati due uomini, reo il primo di non aver sentito messa mentre lavorava all’estero e il secondo di aver dato lavoro a un luterano. Queste vicende ebbero un tale impatto sulla regione che il ricordo sopravvive ancora oggi nei racconti di famiglia.


Per saperne di più:
Le streghe di Baceno
Storia di Malesco
Streghe in Val Vigezzo Streghe e stregoni sulle alte cime alpine dell’Ossola Benito Mazzi, Il Piano delle Streghe. Fisica, diavoli, visioni, segnali, Priuli e Verlucca, 2005 Nino Chiovini, Cronache di terra lepontina, Tararà, 2007 Credits: Herbarium de Neuchâtel Emily Dickinson’s Herbarium goRillA-iNK Worldlabel Francesco Maria Guazzo, Compendium Maleficarum, Martino Fine Books, 2011 Archivio del tribunale della Diocesi di Aosta, in Fiorenza Cout, Secret. Formule di guarigione in uso in Valle d’Aosta, Priuli & Verlucca, 2005



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